Visible Human Project: pezzi di cadavere per creare un umano virtuale

Il cadavere di una donna di 59 anni proveniente dal Maryland è stato donato al Visible Human Project, un programma della US National Library of Medicine di Bethesda presentato all'Istituto degli ingegneri elettrici ed elettronici di Milano. La donna era morta 20 anni fa a causa di un attacco cardiaco. Il suo corpo, che era stato congelato dopo il decesso, ha consentito agli scienziati di creare un versione 3D dell'apparato umano.

Una sezione digitale del corpo della donna
Fegato, polmoni, cuore, vescica, reni e altri tessuti
del corpo della donna.


Un modello 3D quasi perfetto

Il professor Sergey Makarov, leader del progetto e ingegnere informatico presso il Worcester Polytechnic Institute (Massachusetts), insieme al suo team ha usato più di 5.000 parti del cadavere della donna, con intervalli di un terzo di millimetro tra loro, per ricostruire il suo corpo in 3D. Per riuscire nell'impresa hanno adottato un software che ha raccolto tutte le immagini insieme. Poi, grazie alla supervisione di 5 dottori con specializzazioni diverse, gli scienziati hanno fatto in modo che il modello risultasse anatomicamente corretto.

Si tratta della ricostruzione digitale di un corpo umano più dettagliata di sempre. Tuttavia mancano 14 piccole parti del corpo, inclusa la cartilagine del naso. Nonostante questa piccola carenza, le immagini presentano un'alta risoluzione: ciò è stato possibile non solo grazie al software, ma anche alle risonanze magnetiche e alle TAC effettuate prima del decesso della donna.

Sperimentare

Ma perché creare un modello digitale del corpo umano in questo modo? Perché così gli scienziati potranno effettuare esperimenti che per un essere umano vivente sono troppo pericolosi. In questi casi un umano virtuale potrebbe risultare molto utile.

Makarov ha anche dichiarato che il suo team ha eseguito un primo esperimento che prevedeva l'aggiunta di un'anca e un femore di metallo all'umano virtuale. Tutto questo per capire cosa sarebbe successo con una risonanza magnetica. Di solito gli impianti metallici durante la risonanza magnetica tendono a riscaldarsi molto e inoltre possono causare alterazioni alle immagini. "Le proprietà elettriche dei tessuti dell'osso e del muscolo che circonda l'impianto sono significativamente diverse", ha detto.

Un'altra possibilità offerta dal corpo virtuale è quella di poter studiare meglio alcune malattie, soprattutto quelle che colpiscono in particolar modo le donne, come ad esempio il cancro al seno. Makarov, infatti, spera in futuro di poter riuscire ad acquisire immagini migliori in modo da restituire mammografie molto più affidabili.

Tutto iniziò 29 anni fa

In realtà il Visible Human Project fu avviato nel 1986 con lo scopo di produrre un sistema di conoscenza delle strutture anatomiche del corpo di donne e uomini. Ciò significa che l'idea alla base del progetto è nata più di venti anni fa. Ora, con l'evoluzione digitale, questo obiettivo si fa sempre più raggiungibile e gli strumenti a disposizione diventano sempre più efficienti e precisi.

Il primo esperimento del Visible Human Project risale al 1994: il fine era quello di creare un modello 3D del corpo di un uomo per studiare meglio alcune delle sue specifiche patologie. Fu scelto allora il cadavere di Joseph Paul Jernigan, un uomo di 38 anni del Texas, un assassino che fu condannato a morte tramite iniezione letale. Accettò di donare il suo corpo per la ricerca dopo aver parlato con un cappellano del carcere. Il suo corpo fu sezionato a intervalli di un millimetro: gli mancavano l'appendice, un testicolo e diversi denti. Per ovviare a questo problema, le parti mancanti furono aggiunte grazie ad alcuni volontari viventi.

Questi esperimenti potrebbero far sorgere qualche problema di tipo etico e/o religioso e colpire la sensibilità di alcune persone. Ma credo che lo scopo e le modalità del progetto siano validi, soprattutto se gli esperimenti prevedono un consenso volontario dei donatori, come nel caso di Joseph Paul Jernigan. Il caso della donna è più particolare. Non si sa molto di lei perché ha preferito rimanere anonima. È stato suo marito ad accettare che il suo corpo diventasse parte di un esperimento.

Alla fine si tratta di fare delle scelte che sono perlopiù personali. E queste scelte andrebbero rispettate. Spesso pensiamo troppo al processo della messa in opera dell'esperimento tralasciando le opportunità. Come ha sottolineato il professor Marakov, la creazione di un umano virtuale "ci dà una grande opportunità per studiare i tessuti umani senza dover fare studi sugli umani che sono lunghi e costosi.". E aggiungerei, come accennato all'inizio, che in questo modo eviteremo anche di mettere in pericolo la salute delle persone.

Fonti:
medicaldaily
telegraph

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