Secondo l'Investigatory Powers Tribunal (IPT), un corpo giuridico indipendente del governo britannico, il regime che governa lo scambio delle intercettazioni delle comunicazioni elettroniche tra Regno Unito e USA era illegale fino all'anno scorso.
Violati i diritti umani
Inutile fare tanti giri di parole: l'Investigatory Powers Ttribunal ha annunciato che i regolamenti riguardo l'accesso da parte del Government Communications Headquartes (GCHQ) alle email e alle comunicazioni telefoniche intercettate dall'americana National Security Agency (NSA) hanno violato i diritti umani. Sul sito dell'IPT si può leggere questa comunicazione:
"Il regime che disciplina la sollecitazione, la ricezione, l'archiviazione e la trasmissione da parte delle autorità britanniche di comunicazioni private di individui che si trovano nel Regno Unito, ottenute dalle autorità statunitensi [...], violano l'articolo 8 o 10 della convenzione europea sui diritti umani."
L'articolo 8 della convenzione europea sui diritti umani tutela il diritto alla vita privata e alla famiglia. L'articolo 10 tutela la libertà di espressione. Queste operazioni di sorveglianza di massa sono stati illegali per ben 7 anni, dal 2007 (quando è stato introdotto Prism) al 2014. Illegali perché i cittadini non erano a conoscenza delle garanzie in vigore in quel periodo. Infatti, i dettagli di queste garanzie sono state rese pubbliche solo durante il processo.
Un'interpretazione diversa
Tuttavia, c'è anche chi interpreta in maniera diversa il comunicato dell'IPT. Le agenzie governative fanno una netta distinzione tra un'invadente "sorveglianza di massa" e "intercettazioni di massa" di comunicazioni elettroniche. Quest'ultime, secondo le agenzie, sono necessarie per fare ricerche mirate sul terrorismo e sulle attività criminali.
Per questo motivo il GCHQ ha commentato così la sentenza: "Oggi la sentenza del tribunale ribadisce che i processi e le garanzie del regime di condivisione di intelligence erano pienamente adeguati per tutto il tempo - è semplicemente la quantità dei dettagli di quei processi e di quelle garanzie che dovevano essere di dominio pubblico. Accogliamo con favore il ruolo importante che l'IPT ha giocato nel garantire che il regime pubblico fosse sufficientemente dettagliato.".
A quanto pare, la sentenza del tribunale non influenzerà minimamente l'atteggiamento del GCHQ. La risposta dell'agenzia governativa britannica sembra voler mascherare la violazione di un diritto giocando sulla differenza che intercorrerebbe tra "sorveglianza di massa" e "intercettazione di massa". Perché dire "sorveglianza di massa" sarebbe più grave di "intercettazioni di massa". E perché, sempre secondo l'agenzia britannica, "intercettare" è un'azione meno invasiva, indirizzata esclusivamente a individuare terroristi e criminali. Ma sappiamo benissimo che non è così: Datagate ce l'ha insegnato.
Operazioni illegali
Il GCHQ può interpretare la sentenza dell'IPT come vuole, ma non tutti crederanno alla sua versione. Le operazioni dell'NSA erano illegali e se il GCHQ ha collaborato allora è parte di quell'illegalità. E poi rimane il fatto che nessuno sapeva niente di queste operazioni, a parte i vertici dell'intelligence ovviamente. Il problema è che adesso visto che i fatti sono stati resi pubblici, e vista l'assenza di una legge limitativa, il GCHQ e la NSA possono continuare ad eseguire simili operazioni.
Il vice direttore di Privacy International, Eric King, ha dichiarato: "Per troppo tempo le agenzie di intelligence come la NSA e il GCHQ hanno agito come se fossero al di sopra della legge. [...] Il GCHQ e la NSA sono stati impegnati in un programma di condivisione di sorveglianza di massa illegale che ha colpito milioni di persone in tutto il mondo.".
Ecco perché dobbiamo molto ad Edward Snowden. Ecco perché bisogna evitare che in futuro possa succedere di nuovo una cosa del genere. Ed era ora che venisse lanciato un messaggio chiaro sull'illegalità di tali operazioni su larga scala. Gli articoli 8 e 10 della convenzione europea dei diritti dell'uomo sono chiari:
Articolo 8 - Diritto al rispetto della vita privata e familiare
1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza.
2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell'esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, per la pubblica sicurezza, per il benessere economico del paese, per la difesa dell'ordine e per la prevenzione dei reati, per la protezione della salute o della morale, o per la protezione dei diritti e delle libertà altrui.
Articolo 10 - Libertà di espressione
1. Ogni persona ha diritto alla libertà d'espressione. Tale diritto include la libertà d'opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza considerazione di frontiera. Il presente articolo non impedisce agli Stati di sottoporre a un regime di autorizzazione le imprese di radiodiffusione, di cinema o di televisione.
2. L'esercizio di queste libertà, poiché comporta doveri e responsabilità, può essere sottoposto alle formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni che sono previste dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, per la sicurezza nazionale, per l'integrità territoriale o per la pubblica sicurezza, per la difesa dell'ordine e per la prevenzione dei reati, per la protezione della salute o della morale, per la protezione della reputazione o dei diritti altrui, per impedire la divulgazione di informazioni riservate o per garantire l'autorità e l'imparzialità del potere giudiziario.
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