Yahoo fu minacciata dagli USA per fornire dati sugli utenti


Fonte immagine: Flickr
Emergono novità riguardo il caso Datagate: nel 2008 il governo degli Stati Uniti d'America minacciò l'azienda fornitrice di servizi internet Yahoo per fornire dati sugli utenti alla NSA (National Security Agency). Se Yahoo non avesse accettato la "richiesta", avrebbe dovuto pagare 250.000 dollari al giorno.

Il programma PRISM
Il CEO di Yahoo, Marissa Mayer, ha dichiarato che "l'azienda non poteva ignorare le richieste di consegna dei dati appartenenti ai suoi utenti". La NSA stava operando con PRISM, il programma con cui effettuava il controllo delle comunicazioni, le intercettazioni e l'acquisizione dei dati degli utenti. Il tutto con il consenso dei fornitori di servizi americani, secondo la NSA. O forse dovremmo dire: il tutto con le minacce ai fornitori di servizi.

La battaglia continua
I documenti del caso 2007-2008 sono stati resi noti soltanto nel 2013 dalla FISC (Foreign Intelligence Sourveillance Court), grazie soprattutto all'insistenza di Yahoo. Il General Counsel di Yahoo, Ron Bell, ha dichiarato: "Consideriamo questa una vittoria importante per la trasparenza, e speriamo che questi record contribuiscano a promuovere un dibattito informato sul rapporto tra privacy, giusto processo, e la raccolta delle informazioni.". Una piccola vittoria che però potrebbe diventare più grande: infatti, gran parte dei documenti relativi al caso 2007-2008 sono ancora segreti.

Questione di privacy
La NSA ha progettato diversi programmi di sorveglianza di massa oltre a PRISM, ad esempio come MYSTIC e Nymrod. Se per Yahoo "gli utenti vengono prima di tutto" è opportuno che continui verso questa direzione. È questione di privacy, è un diritto dei cittadini. Le rivelazioni di Edward Snowden continuano a far emergere nuovi dettagli sulle operazioni della NSA e a scuotere l'opinione pubblica. Inoltre, sembra che per lui si stia facendo più concreta la possibilità di un asilo in Svizzera. Temporaneamente in Russia, l'ex tecnico della CIA aveva espresso la volontà di tornare negli Stati Uniti. Ma la situazione, al momento, è piuttosto complicata.

Fonti:
techeconomy.it
punto-informatico.it
washingtonpost.com

Etichette: , ,